Fammi Un Sorriso

by Angelica Gregorini

Rimasi immobile ed inorridito: da mio padre si era separato un denso fumo grigio che stava pian piano prendendo forma mentre il suo corpo si accasciava lentamente contro la parete e lo sguardo diventava terribilmente vacuo.

Stavo per correre verso di lui per aiutarlo quando la figura di fumo si voltò verso di me portandosi un dito sulle labbra.

Una sgradevole sensazione di gelo mi investì il corpo quando in quella figura fumosa distinsi chiaramente il viso ed il corpo di mio padre; il fantasma mosse velocemente le mani incorporee: “Resta qui, ma non farla avvicinare al mio corpo”, poi oltrepassò la parete verso il corridoio dove i passi della donna si erano appena fermati.

«Akio! Vecchio bastardo! Vedo che comunque non disdegni il dono del Dio che hai rinnegato!», dalla mia posizione non riuscivo a vedere né lei né mio padre; con accortezza mi spostai in modo tale da riuscire a scorgere la schiena fumosa di mio padre da dietro il tumulo di immondizia che mi fungeva da riparo.

«Oh giusto! Che scema, uno spettricello non ha corde vocali!», disse la donna ridendo forte, sentii uno schiocco ed immaginai che si fosse tirata una pacca sulla coscia, ma non riuscivo a vederla.

«Poco male, sii buono, dimmi dove si trova il tuo corpo, gradirei avere una vera conversazione sai, saranno almeno sedici anni che non ci vediamo!

“Lo conosce”, pensai sconcertato, “Allora è vero che qualcuno ci segue!”, il pensiero di come avessi messo in dubbio il comportamento di mio padre negli ultimi anni mi fece stringere lo stomaco.

«Non voglio combattere con te Akio, non ho alcun interesse nel fare del male a te o alla tua famiglia.

Allora sparisci”, rispose il fantasma di mio padre con una voce che assomigliava allo stridere del ferro contro la roccia; probabilmente neanche lei si aspettava di ricevere una risposta da quella creatura perché scoppiò a ridere ancora più forte.

«Cazzo, se questa è la tua voce posso capire perché non parli!», la sua risata si fece aspirata, come se non riuscisse a respirare per il divertimento, «Eddai, fammi un sorriso Akio, un tempo mi trovavi terribilmente divertente!», la sua voce si era fatta tagliente, vidi la figura di fumo di mio padre scrollare le spalle fantasma.

Ti sbagli, e comunque prima non rischiavo di farmi divorare l’anima da te, Jona”.

Ero confuso, cosa diavolo significava che non rischiava di farsi divorare l’anima? Cos’altro nascondeva mio padre?

«Oh, ma non ho nessuna intenzione di farti del male, te l’ho detto? Riponi così poca fiducia nei tuoi amici?

Vidi un’altra forma materializzarsi nella mano destra di mio padre, era una lunga falce dall’aspetto troppo solido per trattarsi di semplice aria modellata.

«Lo prendo come un sì», ringhiò Jona tra i denti.

Vidi il fantasma di mio padre spostarsi di lato con sufficienza mentre la donna entrava finalmente nel mio campo visivo; dovevo averle rotto il naso a giudicare dal sangue che le disegnava uno sbuffo fino alla guancia sinistra e le macchiava il labbro superiore, il cappuccio le era scivolato lasciandole scoperto il capo glabro e lucido; mi nascosi appena in tempo per evitare che mi vedesse, ma riuscii a notare che in entrambe le mani stringeva due lame che sembravano di vetro nero, mi chiesi come avessi fatto a non vederle prima.

Sentii un tonfo e vidi il suo corpo rotolare a terra; da quella posizione avrebbe potuto vedermi chiaramente, ma il suo sguardo furente era fisso sul vero corpo di mio padre, un sorriso beffardo le si disegnò sul volto, sputò un grumo di sangue e scattò verso di lui.

Feci per muovermi e mettermi tra lei e mio padre, ma la lama della falce le si conficcò in un fianco e la spinse via mentre urlava di dolore.

Il coltello, prendi un coltello, parlò di nuovo la voce aliena nella mia testa, probabilmente stavo impazzendo, ma un’arma mi sarebbe servita.

Raggiunsi il corpo di mio padre, sfilai un coltello dalla cintura e tornai di corsa a nascondermi.

«Non si trattano così le donne, animale! Non mi stupisco che i tuoi figli siano così cafoni, con un padre come te!

Che forza di spirito per scherzare in un momento del genere”, pensai stupefatto.

È il suo potere, è stata addestrata per questo; sì, stavo decisamente impazzendo.

 

 

Jona si tirò su a fatica stringendosi una mano sul fianco ferito, poi con un movimento fluido del braccio scagliò una delle lame di vetro contro lo spettro di mio padre; gli oltrepassò una spalla e con sorpresa vidi una smorfia di dolore e sorpresa apparirgli sul “viso”; lei rise amara:

“Non penserai che noi povere Iene ce ne fossimo state con le mani in mano! Abbiamo trovato un’arma in grado di ferirvi anche in quello stato, non siete più così onnipotenti per noi”.

“Perché lo fai? I rapporti tra le nostre sette non sono mai stati buoni, perché ora lavori per loro?”.

«Cos’è, ti è venuta voglia di chiacchierare adesso?», gli chiese tagliente mentre gettava rapida uno sguardo al vero corpo di mio padre.

Spostò la mano dal fianco e lanciò l’altra lama, il fantasma la parò con facilità utilizzando la parte metallica della falce, ma lei aveva colto l’occasione per raggiungere il corpo inanimato di Akio; sfilò un semplice pugnale dallo stivale e fece per pugnalarlo.

Senza pensare mi lanciai per proteggere mio padre puntando il coltello in avanti.

 

 

Un gorgoglio di dolore e stupore le sfuggì dalle labbra mentre alzava gli occhi sgranati sul mio viso.

Fece per dire qualcosa, ma in un secondo il suo viso sparì dal mio campo visivo mentre il suo corpo si afflosciava cadendo verso di me.

Osservai inorridito il moncone di collo attaccata a cui, fino a poco prima, c’era la testa di Jona.

Spostai lentamente il capo verso destra e a pochi passi da me vidi il volto della donna che mi fissava con lo sguardo vuoto.

Alzai lo sguardo sul fantasma di mio padre in piedi davanti a me; posò una mano sulla spalla del corpo mutilato e lo spinse via con assai poca grazia, poi mi fece cenno di spostarmi; obbedii troppo scioccato per dire qualcosa, il mio corpo sembrava un macigno.

Lo spettro si avvicinò alla sua forma fisica e ne fu assorbito in pochi istanti.

Proprio quando mio padre sgranava di nuovo i suoi veri occhi arrivò Gotaro sudato, affannato e con il viso rigato di lacrime.

«Cos’è successo?», gli chiese Akio con la sua vera voce, profonda e grave.

«L-la mamma è caduta», Gotaro scoppiò a piangere più forte: «La stavo portando via, ma siamo scivolati per le scale», urlava tra le lacrime, mi si strinse il cuore. «Sta sanguinando» urlò tirando nostro padre con sé.

Seguimmo mio fratello correndo come disperati finché non ci trovammo davanti a mia madre, in ginocchio che singhiozzava con le mani sporche di sangue; cercai quale ne fosse l’origine e con orrore notai che la gonna era zuppa di quel liquido scuro e viscoso.

Guardò mio padre con gli occhioni verdi ed arrossati mentre le lacrime non cessavano di scorrerle sul visino tondo.

Scuoteva la testa e gli porgeva le mani, lui gliele prese e si sedette con lei sul pavimento; mia madre gli gettò le braccia al collo, Akio le posò un bacio sui capelli verde bottiglia.

Per la prima volta udii il suono delle urla di mia madre.

 

 

Non avremmo avuto un altro fratello.