L'idea

by Angelica Gregorini

Avevo cercato di dissuaderla per giorni, non era per niente una buona idea e non volevo perdere la fiducia di mio padre così duramente guadagnata.

Lei non aveva voluto sentire ragioni, non le importava se fossi andato con lei o no, aveva preso la sua decisione e non c’era modo di farle cambiare idea.

Ahmya era stanca dei soliti libri e dei soliti manga, diceva che il vantaggio di essere sempre in movimento era proprio quello di poter scoprire o trovare cose nuove; per lei quello, in realtà, era l’unico vantaggio e voleva goderne.

Fu così che la persona che alla fine cedette fui io.

 

Avevamo superato da poco i confini tra Nurlan e Nihon, di comune accordo stavolta avevamo deciso di fermarci in un’altra città fantasma, giusto il tempo di riposare e spostarci di nuovo.

Akio aveva provveduto a ragguagliare anche i nuovi arrivati sulle regole da seguire, ossia mai allontanarsi da soli e mai muoversi di notte.

Akito non ne era stato entusiasta e sua sorella tanto meno; nella loro indole c’era l’esplorazione ed in forma animale nessuno avrebbe potuto riconoscerli, ma avevano accettato, fidandosi dell’esperienza di mio padre e constatando quanto la nostra convivenza fosse gradevole.

Gli incontri tra me e Ahmya si erano ridotti parecchio ora che avevamo già letto tutti i libri o i manga dell’altro; la cosa mi dispiaceva, passare il tempo con lei era bello nonostante avessi scoperto che era capace di una testardaggine ed ostinazione senza pari, era sempre pronta ad ascoltare opinioni che non concordavano con le sue, anche se difficilmente le riconosceva come buone.

Alla terza rilettura di tutto il nostro materiale aveva iniziato a dare segni d’insofferenza ed avevo notato che, durante il cammino, spesso si soffermava ad osservare gli edifici vuoti con aria pensierosa.

Una sera ero andato nella sua tenda per restituirle l’ennesimo libro, ma non la trovai e suo fratello non aveva idea di dove fosse andata.

La mattina dopo aveva dato risposte evasive sulla sua sparizione, ma negli occhi aveva una scintilla che era impossibile da ignorare.

Durante una sosta mi aveva trascinato in un vicolo abbastanza lontano dall’orecchio degli altri; mi aveva stretto contro il muro e mi aveva sussurrato qualcosa all’orecchio.

Niente che riuscii a capire, ovviamente; sentirla così vicina mi rendeva nervoso, il profumo dei suoi capelli umidi sotto il cappuccio era così dolce, il suo calore così forte da riuscirlo a percepire sotto lo spesso strato dell’impermeabile e la pioggia battente, la mia mente era troppo offuscata.

Lei dovette accorgersene perché fece un passo indietro con aria interrogativa ed io ripresi a respirare.

«Hai capito cosa ti ho appena detto?», mi chiese, io scossi la testa inebetito, non mi fidavo del tono che la mia voce avrebbe potuto assumere se avessi parlato.

Lei sospirò ed alzò gli occhi al cielo: «Sono andata in ricognizione ieri notte», continuai a fissarla come un idiota aspettando che continuasse.

«C’è un appartamento, ai confini della città; credo ci possa essere qualcosa d’interessante lì dentro! Dalla finestra sono riuscita a vedere una bella libreria!», e allora capii dove volesse andare a parare.

«No, Ahmya; l’ultima volta che mi sono allontanato dall’accampamento sono successe cose terribili; non credo sia una buona idea…», lei mi guardò imbronciata e di nuovo la mente si offuscò mentre osservavo la curva del suo labbro.

«Se non sbaglio, l’ultima volta che tu e tuo fratello vi siete allontanati avete incontrato me e Akito; non mi sembra poi una tragedia così grande…»; avvampai, lei mi guardava in modo strano e sentivo le interiora che si esibivano in un bizzarro balletto.

Non seppi dove trovai la forza di mantenere la mia posizione, ma alla fine lei mi lasciò lì incamminandosi arrabbiata verso gli altri.

Nei due giorni successivi mi rivolgeva la parola solo se strettamente necessario e la vidi prestare particolare attenzione alla routine di mio padre; immaginai stesse cercando di capire quale sarebbe stato il momento adatto per allontanarsi senza che nessuno se ne accorgesse.

Decisi allora di rompere quel silenzio: «Non hai cambiato idea, vero?», lei mi guardò beffarda e non rispose.

Sospirai, l’idea di mandarla da sola mi aveva tormentato in quei giorni: «Beh, io si. Vengo con te.

Ahmya sorrise, mi tirò di nuovo da parte e mi spiegò come aveva intenzione di agire.